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    1. È tramandato ancora che le Scritture sono state composte per opera dello Spirito di Dio (2Tm 3,16) e contengono non quel solo significato che è manifesto, ma anche un altro che sfugge ai più. Infatti ciò che è scritto è figura di misteri e immagine di realtà divine (Eb 5,8; 10,1). Su questo punto una sola è la convinzione di tutta la Chiesa: che tutta la legge è spirituale (Rm 7,14) ma ciò che la legge vuole spiritualmente significare non è noto a tutti, ma soltanto a coloro cui nella parola di sapienza o scienza (1Cor 12,8) è stata donata la grazia dello Spirito santo. (De Principiis, praef. 8).

    2. Bisogna però riconoscere che il carattere divino degli scritti profetici e il significato spirituale della legge di Mosè si sono rivelati con la venuta di Cristo [...] la luce contenuta nella legge di Mosè, coperta da un velo, risplendette alla venuta di Gesù, poiché fu tolto il velo, e subito si è potuto avere conoscenza dei beni di cui l’espressione letterale conteneva l’ombra (2Cor 3,15; Eb 10,1). (De Principiis, IV 1,6).

    3. Dopo aver parlato brevemente della ispirazione divina delle scritture, è necessario esaminare il criterio con cui esse debbono essere lette e interpretate, perché molti errori sono stati provocati dall’incapacità di molti di comprendere come si debba esaminare il testo sacro.
    Infatti gl’ignoranti e i duri di cuore fra i Giudei non hanno creduto nel nostro salvatore, perché si sono attenuti al senso letterale delle profezie fatte su di lui, e non lo hanno visto né annunziare in maniera sensibile la liberazione dei prigionieri (Is 61,1), né edificare quella che essi ritengono essere la vera città di Dios (Ez 48,15s.), né distruggere i carri da Efraim e i cavalli da Gerusalemme (Zach 9,10), né mangiare burro e miele e scegliere il bene prima di aver conosciuto o preferito il male (Is 7,15). Essi credono che sia stato profetato che il lupo, l’animale a quattro zampe, pascolerà con l’agnello, che il leopardo e il cervo riposeranno insieme, che il vitello il toro e il leone pascoleranno insieme guidati da un piccolo fanciullo, che il bue e l’orso insieme prenderanno il cibo mentre i loro piccoli verranno allevati gli uni insieme con gli altri, che il leone mangerà paglia como il bue (Is 11,6s.): perciò, vedendo che nessuno di questi prodigi si era realizzato in maniera sensibile con la venuta di quello che noi crediamo il Cristo, essi non hanno voluto accogliere il nostro signore Gesù, ma lo hanno crocifisso perché proclamava sé stesso Cristo come non avrebbe dovuto.
    Invece gli eretici, quando leggono: “Un fuoco è stato acceso dalla mia ira” (Ier 15,14), e: “Io sono un Dio geloso, che fa ricadere gli errori dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione” (Ex 20,5), e: “Mi sono pentito di aver unto Saul re” (1Sam 15,11), e: “Io sono il Dio che stabilisce la pace e fa il male” (Is 45,7), e in altri passi: “Non c’è male nella città che il signore non abbia fatto” (Amos 3,6), e ancora: “È disceso il male dal signore sulle porte di Gerusalemme” (Mich 1,12), e: “Uno spirito maligno venuto da parte di Dio soffocava Saul” (1Sam 18,10), e mille altri passi dello stesso tenore, non hanno osato negare che le scritture vengano da Dio, ma credono che esse siano del demiurgo adorato dai Giudei, e hanno creduto che questo demiurgo non sia né perfetto né buono, mentre il salvatore è venuto ad annunciare un Dio perfetto che –secondo loro– non è il demiurgo. E su questo punto sono variamente divisi: infatti, una volta rinnegato il demiurgo che è il solo Dio ingenerato, si sono abbandonati alle invenzioni, immaginando varie storie, in base alle quali credono che siano state create le cose visibili, e altre non visibili, secondo quanto può immaginare la loro anima.
    Anche i più semplici di quelli che hanno la presunzione di essere della chiesa non reputano alcuno maggiore del demiurgo, e in ciò fanno bene: ma di lui pensano tali cose quali neppure si potrebbero pensare dell’uomo più crudele e ingiusto. (De Principiis, IV 2, 1).

    4. Il motivo per cui tutti costoro che abbiamo ricordato hanno concezioni sbagliate empie e volgari della divinità non deriva da altro che da incapacità di interpretare spiritualmente la scrittura, che viene accolta soltanto secondo il senso letterale. Perciò a quanti sono convinti che i libri sacri non sono stati scritti da uomini ma sono stati composti e sono giunti a noi per ispirazione dello Spirito santo per volere del Padre di tutti e per opera di Gesù Cristo, noi dobbiamo esporre quel che ci pare il criterio d’interpretazione, attenendoci alla norma della chiesa celeste di Gesù Cristo secondo la successione degli apostoli. (De Principiis, IV 2,2).

    5. Ecco quel che a noi sembra il criterio secondo il quale ci si deve dedicare alle scritture e comprenderne il significato, un criterio ricavato dalle stesse parole della scrittura. Nei Proverbi di Salomone troviamo questo precetto sui pensieri divini affidati allo scritto: "Nota questi concetti tre volte nel tuo animo e nella tua mente, per rispondere parole di verità a quelli che ti pongono questioni" (Prov 22,20). Perciò tre volte bisogna notare nella propria anima i concetti delle sacre scritture: così il semplice trova edificazione, per così dire, nella carne della scrittura –indichiamo così il senso che è più alla mano–; colui che ha un poco progredito trova edificazione nell’anima della scrittura; i perfetti [...] trovano edificazione nella legge spirituale, che contiene l’ombra dei beni futuri (Rm 7,14; Eb 10,1). Come infatti l’uomo è formato da corpo anima e spirito, lo stesso dobbiamo pensare della scrittura che Dio ha stabilito di dare per salvezza degli uomini. (De Principiis, IV 2,4).

    6. Dell’utilità che si può trarre dalla prima interpretazione fa fede la moltitudine di coloro che credono sinceramente e semplicemente.
    Dell’interpretazione che si può riferire all’anima è di esempio ciò che è in Paolo, nella prima ai Corinzi. “Infatti sta scritto –egli dice–: Non metterai la museruola al bue che batte il grano” (Dt 25,4). Poi, spiegando questo precetto, aggiunge: “Forse Dio si cura dei buoi? O ciò non è stato scritto soltanto per noi? Infatti, è stato scritto per noi, perché chi ara deve arare nella speranza, e chi batte il grano lo deve fare nella speranza di averne parte” (1Cor 9,9s.). Numerose interpretazioni che sono in uso, adatte ai più e che edificano quanti non possono udire cose più profonde, hanno all’incirca questo carattere.
    L’interpretazione spirituale è propria di colui che può mostrare quali siano le realtà celesti alla cui figura e ombra prestavano culto i Giudei secondo la carne (Hebr 8,5; Rom 8,5), e quali i futuri beni di cui la legge presenta l’ombra (Heb 10,1). Per dirla in una parola, secondo il precetto dell’apostolo, bisogna cercare la “sapienza celata nel mistero, che Dio ha prestabilito prima dei secoli per gloria dei giusti, che nessuno dei prìncipi di questo mondo ha conosciuto” (1Cor 2,7s.). Lo stesso apostolo, dopo aver addotto passi dall’Esodo e dai Numeri, dice: “Queste cose avvenivano per quelli in forma simbolica, ma sono state scritte per noi, che siamo giunti alla fine dei tempi” (1Cor 10,11); e ci lasci intravvedere di quali realtà quei fatti erano figure, dicendo: “Infatti essi bevevano da una roccia spirituale che li accompagnava, e la roccia era Cristo” (1Cor 10,4). E alludendo in un’altra epistola alla costruzione del tabernacolo ha addotto il passo: “Farai tutto secondo la figura che ti è stata mostrata sul monte (Hebr 8,5; Ex 25,40). Nella lettera ai Galati, biasimando quanti credono di conoscere la legge e invece non la capiscono, giudica che non la capiscono coloro che non credono che nelle scritture ci sono allegorie, e dice: “Ditemi voi, che volete stare sotto la legge: non ascoltate la legge? Infatti, è scritto che Abramo ebbe due figli, uno dalla schiava e uno dalla libera: ma quello dalla schiava è stato generato secondo la carne; quello dalla libera per mezzo della promessa. Ma tutto ciò ha valore allegorico (ἀλληγορούμενα): infatti le donne rappresentano i due testamenti” ecc. (Gal 4,21s.).
    Bisogna stare attenti a ciascuna delle parole dette da lui, poiché dice: “Voi che volete essere sotto la legge” (e non: Voi che siete sotto la legge) “non ascoltate la legge?”, dove ascoltare ha senso di conoscere e interpretare.
    Nella lettera ai Colossesi, sintetizzando in breve l’intendimento di tutta la legge, dice: “Nessuno vi giudichi in materia di cibo e bevanda o di feste annuali, di nuove lune o di sabati, che sono ombra delle realtà future” (Col 2,16s.).
    E ancora nella lettera agli Ebrei, parlando dei Giudei dice: “Essi che servono all’immagine e all’ombra delle cose celesti” (Hebr 8,5). Perciò è naturale che sui cinque libri attribuiti a Mosè non nutrano dubbi quelli che hanno accettato una volta per tutte l’apostolo come uomo ispirato da Dio. Essi però vogliono sapere se anche gli altri avvenimenti storici sono accaduti con valore simbolico. Si osservi, addotto nella lettera ai Romani, il passo del terzo libro dei Re: “Ho riservato per me settemila uomini che non hanno piegato il ginocchio a Baal” (1Reg 19,18), che Paolo riferisce agli Israeliti secondo l’elezione, perché non solo i gentili avrebbero tratto beneficio dalla venuta di Cristo, ma anche alcuni del popolo di Dio (Rm 11,4s.). (De principiis IV 2, 6)

    7. Lo scopo cui mirava lo Spirito quando illuminava, per volere della provvidenza divina e per opera della Parola che era in principio presso Dio, i ministri della verità, profeti e apostoli, riguardava primariamente gli ineffabili misteri della condizione umana [...] affinché colui che fosse in condizione di ricevere l’insegnamento, esaminando e applicandosi alle profondità del senso delle parole, potesse diventare partecipe di tutto l’insegnamento riguardante la volontà divina. Ma in considerazione del fatto che le anime non possono attingere la perfezione se non hanno conoscenza profonda ed esatta di Dio, in primo luogo è stata disposta come essenziale la conoscenza di Dio e del suo Unigenito [...]. Conseguentemente, in quanto si tratta di realtà affini, dobbiamo ricevere gli insegnamenti divini sugli altri esseri intellettuali [...]; dobbiamo imparare a conoscere le differenza fra le anime e di dove queste differenze derivino, che cosa sia il mondo e perché sia stato creato, e ancora da dove derivi tutto questo male che sta sulla terra e se esso non sia limitato solo alla terra ma si trovi anche altrove. (De Principiis, IV 2,7).

    8. Per cominciare a interpretare i salmi esporremo una bella tradizione trasmessaci da un Ebreo concernente, globalmente, tutta la Scrittura. Egli affermava che tutta la Scrittura divinamente ispirata, a causa dell’oscurità che è in essa, è simile a molte stanze chiuse a chiave in un unico palazzo: a ciascuna stanza è apposta una chiave, ma non quella che le corrisponde; e così le chiavi sono state disseminate per le stanze senza che nessuna si addica a quella a cui è apposta. E’ allora un gran lavoro trovare le chiavi e adattarle alle stanze che si possono aprire, e per conseguenza è un gran lavoro comprendere le Scritture che sono oscure, non prendendo altrove i punti di partenza per comprenderle se non tra di esse che hanno reciprocamente, in se stesse, sparso il loro principio interpretativo. E io penso che anche Paolo suggerisce un metodo d’approccio simile per la comprensione delle parole divine quando dice: Questo noi lo esprimiamo non con le parole che insegna la sapienza umana, ma con le parole che insegna lo Spirito, accostando le cose spirituali alle cose spirituali (1Cor 2,13). (Philocalia, 2).

    9. Come si venga istruiti dallo Spirito si deve capire dalle parole di Paolo: "accostando cose spirituali a cose spirituali" (1Cor 2,13). A forza di esaminare una parola con un'altra e di riunire i passi simili, si svela il senso della Scrittura. Così infatti comprendo le cose di Dio e divengo istruito dallo Spirito. (Frammento a commento di 1Cor, 2,13).