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  • La vedova e il giudice (Lc 18,1-8)





    Propose loro ancora questa parabola per mostrare che dovevano pregare sempre e non stancarsi:
    2 «In una certa città vi era un giudice, che non temeva Dio e non aveva rispetto per nessuno;
    3 e in quella città vi era una vedova, la quale andava da lui e diceva: "Rendimi giustizia sul mio avversario".
    4 Egli per qualche tempo non volle farlo; ma poi disse fra sé: "Benché io non tema Dio e non abbia rispetto per nessuno,
    5 pure, poiché questa vedova continua a importunarmi, le renderò giustizia, perché, venendo a insistere, non finisca per rompermi la testa"».
    6 Il Signore disse: «Ascoltate quel che dice il giudice ingiusto.
    7 Dio non renderà dunque giustizia ai suoi eletti che giorno e notte gridano a lui? Tarderà nei loro confronti?
    8 Io vi dico che renderà giustizia con prontezza. Ma quando il Figlio dell'uomo verrà, troverà la fede sulla terra?».




    1. Ma è possibile pregare sempre, senza pause, insistere nella preghiera senza interruzioni, tanto da non avere tempo per mangiare o per dormire? Oppure si allude alle ore canoniche che la Chiesa rivolge a Dio quotidianamente, secondo il salmista: "Benedirò il Signore in ogni momento, la sua lode sarà sempre sulla mia bocca" (Sal 33,2)? È piuttosto: che fare ciò che Dio vuole è una sorta di preghiera continua, perché il giusto che opera rettamente senza interruzioni non smetterà di pregare, a meno che non cessi di essere giusto.
    (Beda, In Lc, V, 18).

    2. Vogliamo esaminare la parabola del giudice iniquo, composta dal Signore per insegnarci che bisogna pregare sempre e mai stancarsi. […]
    A questo proposito è da ricordare che alcune parabole del Signore si basano sulla similitudine. Tale è la parabola di quel servo al quale il padrone condonò tutto quello che, fatti i conti, risultò essergli dovuto […]. Così quell’uomo che aveva due figli, dei quali il maggiore lavorava i campi e rimase presso il padre, mentre il minore se ne andò a dissipare in regioni lontane […]. E così tantissime altre […]. Come nella parabola così nei fatti.
    La seconda categoria al contrario: Se nella parabola avvenne così, quanto più nei fatti; ovvero: Se non si approva la parabola, quanto meno la realtà. Ma questi rapporti a volte sono presentati in maniera oscura, mentre altre volte in maniera palese.
    Nella nostra parabola il giudice iniquo è presentato non per ragioni di somiglianza ma di contrasto. Il Signore intendeva mostrare quanta certezza hanno quelli che pregano con perseveranza Dio, che è fonte di giustizia e di misericordia e di tutto quello che può dirsi o ascoltarsi di più nobile ed elevato. Per mostrare questo presentò quel giudice presso il quale, sebbene iniquo all’estremo, tanto valse la perseveranza dell’orante che ottenne l’adempimento del desiderio che voleva si adempisse. Quanto invece alla vedova, può essere l’immagine della Chiesa, in quanto al presente, finché cioè non torna il Signore, è senza marito, sebbene il Signore anche ora si prenda cura di lei.
    (Agostino, Questioni sui vangeli, II, 45).

    3. L'iniquità del giudice pronunciò la giusta sentenza e il giusto risarcimento per la donna ferita, e la perversità del giudice diede pace all'afflitta, anche se è proprio dell'iniquità non saper giudicare e della perversità non saper consolare. Se, dunque, la preghiera insistente ha costretto questi due rami a dare frutti buoni, estranei alla loro natura, quanto più possiamo noi, se perseveriamo, costringere la bontà e la giustizia di Dio a darci frutti conformi alla loro natura: affinché la giustizia ci compiaccia e la bontà ci consoli. Il frutto della giustizia è la giusta retribuzione degli oppressi, e il frutto della bontà è la consolazione degli afflitti.
    (Efrem, Diatessaron, XVI, 16).

    4. Infatti nostro Signore Gesù Cristo, il quale chiede in mezzo a noi e concede insieme col Padre, non ci avrebbe certo esortati a chiedere, se non desiderasse di concedere. Si vergogni l'umana pigrizia: ha maggior desiderio lui di dare che noi di ricevere; ha maggior desiderio lui di usare misericordia che noi d'essere liberati dalla miseria; è certo poi che se non saremo liberati, noi rimarremo miseri. Ordunque, l'esortazione ch'egli ci rivolge è diretta al nostro bene.
    (Agostino, Discorsi, 105, 1).

    5. Il Signore diceva poi la medesima cosa a coloro che non credevano in lui: “Io sono venuto nel nome del Padre mio e non mi accogliete: quando un altro verrà nel suo proprio nome, quello lo accoglierete” (Gv 5,43), intendendo riferirsi all’Anticristo quando dice: “un altro”, poiché in effetti è altra cosa rispetto a Dio. E proprio questi è il giudice iniquo del quale il Signore ha detto che “non timeva Dio né rispettava l’uomo” (Lc 18,2) e verso il quale fugge la vedova che ha dimenticato Dio, cioè la Gerusalemme terrena, per vendicarsi del suo nemico. E in effetti è proprio ciò che farà durante il tempo del suo regno: trasferirà a Gerusalemme il suo regno, sederà nel tempio di Dio e ingannerà coloro che lo adorano, quasi fosse egli stesso il Cristo.
    (Ireneo, Contro le eresie, V, 25, 4).

    6. [L’anticristo], dunque, raccolto intorno a sé il popolo che sempre è stato infedele a Dio, invitato da costoro prende a perseguitare i santi come nemici e avversari di costoro, così como dice l’evangelista: “C’era un giudice in una certa città, non timorato di Dio né rispettoso d’uomo. C’era poi in quella città una vedova, che lo pregava dicendo: Rendimi giustizia del mio avversario. Quegli a lungo non voleva; ma in seguito si disse: Se pure non ho timore di Dio né rispetto d’uomo, per il fatto che questa vedova mi assilla, le renderò giustizia.
    Definisce dunque “giudice d’ingiustizia”, “non timorato di Dio né rispettoso d’uomo” l’Anticristo, che, essendo figlio del diavolo e arnese di Satana, quando sarà diventato re comincerà a levarsi pure contro Dio, davvero “non timorato di Dio” né rispettoso del Figlio di Dio che è giudice di tutti. “La vedova”, poi, che dice stare “nella città”, significa la stessa Gerusalemme, che è effettivamente vedova, in quanto è stata abbandonata dallo sposo perfetto e celeste, che chiede il rendimento di giustizia da un uomo mortale, come avesse subito ingiustizia da Cristo: lo chiama suo avversario e non Salvatore.
    (Ippolito, Su Cristo e l’Anticristo, 56-57).

    7. Ma se talora tarda a dare, vuol solo mettere in risalto i doni, ma non ce li nega. I doni desiderati a lungo sono più dolci quando li otteniamo; quando invece sono dati subito essi perdono di valore. Chiedi, cerca, bussa: chiedendo e cercando, diventerai sempre più capace di ricevere. Dio ti tiene in serbo ciò che non vuol darti presto affinché anche tu impari a desiderare grandemente le cose grandi. Bisogna quindi pregare sempre senza stancarsi.
    (Agostino, Discorsi, 61, 5).