Parabola della colomba e del serpente (Mt 10,16)
16 Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe.
1.
[1] Dopo aver scacciato da loro le preoccupazioni, averli muniti con la prova che derivava dai miracoli ed averli resi come di ferro e d’acciaio, dopo averli allontanati da tutte le cose materiali ed averli liberati da ogni sollecitudine di carattere temporale, parla poi anche dei mali che sarebbero capitati loro, non solo di quelli che sarebbero accaduti dopo poco, ma anche di quelli che si sarebbero verificati dopo molto tempo, preparandoli fin dal principio e molto prima alla guerra contro il diavolo. Venivano raggiunti così molti obiettivi: innanzitutto, che essi apprendessero la potenza della sua prescienza; in secondo luogo, che nessuno potesse sospettare che questi mali sopraggiungevano per la debolezza del Maestro; in terzo luogo, che coloro che li affrontavano non rimanessero sconcertati perché accadevano in modo inaspettato e imprevisto; in quarto luogo, che, al momento stesso dalla crocifissione non si turbassero […]
Eppure, non aveva detto ancora nulla di sé, ad esempio, che sarebbe stato incatenato, flagellato, ucciso, per non sconvolgere anche così il loro animo. Intanto però preannuncia quello che sarebbe capitato loro. Poi, perché imparassero che era nuova questa regola di guerra e insolito il modo di combattere, inviandoli senza mezzi, con una sola tunica, senza sandali […], nemmeno a questo punto ha arrestato il discorso, ma, facendo vedere la sua indicibile potenza, dice: “Andandovene così, mostrate la mansuetudine delle pecore, benché dobbiate andare dai lupi, e non semplicemente dai lupi, ma in mezzo ai lupi”. […] Così mostrerò soprattutto la mia forza, quando le pecore avranno la meglio sui lupi e, pur stando in mezzo ai lupi e ricevendo innumerevoli ferite, non soltanto non saranno annientate, ma li trasformeranno anche. Molto più meraviglioso e più sublime dell’eliminarli è mutare la loro volontà e cambiare il loro animo, benché fossero soltanto dodici e la terra fosse piena di lupi. […]
[2] Hai visto la sua autorità? Hai visto la sua potenza invincibile? Le sue parole vogliono dire: Non turbatevi perché, inviandovi tra i lupi, vi ordino di essere come pecore e colombe. Avrei certo potuto fare il contrario e non permettere che subiste alcun male, né che foste esposti ai lupi come pecore, ma avrei potuto rendervi più temibili dei leoni; però è utile che avvenga così: questo vi rende più fulgidi, questo proclama anche la mia potenza. Lo diceva anche a Paolo: “Ti basta la mia grazia; la mia potenza, infatti, si manifesta pienamente nella debolezza” (2Cor 12,9). Io, dunque, vi ho resi così. Quando dice: “Vi mando come pecore”, allude a questo: Non perdetevi d’animo perché so, so chiaramente che soprattutto così sarete invincibili per tutti.
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2.
Ma vediamo perché ha detto che erano “come pecore”, mentre gli altri non erano “come lupi” ma “lupi”. Se li avesse chiamati pecore solo per la loro mansuetudine, poiché erano esseri umani per natura ma pecore nella loro mansuetudine, avrebbe chiamato gli altri “come lupi”, perché anche se nella loro crudeltà erano come lupi, erano comunque esseri umani per natura come quelli che erano chiamati “come pecore”. Perciò penso che abbia chiamato alcuni “come pecore” mentre ha chiamato gli altri non “come lupi” ma pienamente “lupi” per il seguente motivo: un seguace di Dio, pur essendo buono, ha tuttavia qualcosa di malvagio in sé per quanto riguarda la sua carne, in quanto è umano; è chiamato pecora perché è buono, ma è chiamato “come pecora” perché non è pienamente buono. Ma chi non conosce Dio non può avere nulla di buono in sé; perciò è chiamato lupo, non “come un lupo”, perché non ha nulla di buono in sé, non conoscendo Dio. Il motivo è che tutti gli uomini sono malvagi secondo la natura della carne e come dice l'apostolo: “Eravamo per natura figli dell'ira” (Ef 2,3), ma siamo stati resi buoni dal timore di Dio. Anche se siamo stati resi buoni grazie al timore di Dio, tuttavia qualcosa della natura malvagia rimane nella natura umana.
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3.
Quando i lupi iniziano a mordervi, non opponete resistenza e non strillate, perché sapete che se non sarete derubati, altri non saranno vestiti; cioè, se non morirete, altri non vivranno. Non temete questo morso presente. Quando verrà l'epoca della resurrezione, un altro vello - quello dell'immortalità - apparirà su di voi.
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4.
Considerate che cosa fa un unico lupo se va in mezzo a molte pecore. Per quante possano essere le migliaia di pecore, se si lancia in mezzo ad esse un unico lupo, si scompigliano e, anche se non vengono sbranate tutte quante, tuttavia vengono atterrite tutte. Che razza di modo d'agire era dunque cotesto, che genere di progetto, che tipo di potere, quale grande [prova della] divinità era quella di lasciare entrare non già un lupo tra le pecore, ma di mandare le pecore tra i lupi? Vi mando –egli dice– come le pecore in mezzo ai lupi, non "presso i confini delle tane dei lupi", ma proprio in mezzo ai lupi. I lupi dunque erano un grosso branco, mentre le pecore un piccolo gregge; ma dopo che il branco di lupi ebbe ucciso il piccolo gregge di pecore, i lupi si convertirono e divennero pecore.
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5.
Finché i lupi pagani persistono a causa dell'istigazione del diavolo, offrite loro le spalle per farli mangiare. Ma quando questi lupi saranno diventati agnelli grazie alla vostra pazienza, offrite loro come pecore il latte della dottrina.
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6.
Vergogniamoci dunque noi che facciamo il contrario, noi che assaliamo i nemici come lupi. Finché siamo pecore, vinciamo; per quanti possano essere i lupi che ci attorniano, abbiamo la meglio e prevaliamo su di essi, ma se diventiamo lupi, siamo sconfitti perché ci viene meno il soccorso del pastore. Infatti, non pascola lupi, ma pecore e quindi ti abbandona e si ritira perché non permetti che si mostri la sua potenza.
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7.
Perciò disse: “Ecco, io vi mando”, affinché non temano la grandezza del pericolo mentre considerano la potenza di colui che li ha inviati.
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8.
“Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi”.
Di quanta fermezza erano corroborati, in modo da non temere questa evenienza! In realtà da ciò appare quanto numerosi fossero i lupi e quanto poche le pecore, poiché non furono mandati i lupi in mezzo alle pecore, ma le pecore in mezzo ai lupi. Ma sebbene un sol lupo sia solito scompigliare un gregge grande quanto si vuole, le pecore ch'erano state mandate in mezzo a innumerevoli lupi ci andavano senza aver paura, poiché Colui che le mandava non le abbandonava. Ebbene, perché avrebbero dovuto temere d'andare tra i lupi coloro con cui c'era l'Agnello che ha vinto il lupo?
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9.
Quindi, perché dessero anche il loro contributo e non sembrasse che tutto dipendesse dalla grazia, perché non pensassero che venivano ricompensati a caso e senza motivo, dice: “Siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe”.
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10.
Per questo motivo, carissimi, sebbene spesso ne abbiamo parlato, dobbiamo spiegarvi che cosa significhi essere semplici come colombe e prudenti come serpenti. Se dunque ci è comandato d'essere semplici come colombe, come può andare d'accordo la semplicità della colomba con la prudenza del serpente? Ciò che apprezzo nella colomba è il fatto ch'essa non ha il fiele; ciò che temo nel serpente è il fatto che possiede il veleno.
Non devi temere il serpente sotto nessun aspetto. Esso ha qualità che si devono odiare, ma anche qualità che si devono imitare. Quando infatti il serpente è oppresso dalla vecchiaia e sente il peso della decrepitezza, s'introduce a fatica attraverso un cunicolo e così facendo si spoglia della pelle vecchia per uscir fuori nuovo. Imitalo tu, o cristiano, che ascolti il Cristo che dice: “Entra attraverso la porta stretta” (Mt 7,13). L'apostolo Paolo dice inoltre: “Spogliatevi dell'uomo vecchio con le sue azioni e rivestitevi dell'uomo nuovo ch'è stato creato ad immagine di Dio” (Col 3,9-10). Hai dunque una caratteristica da imitare riguardo al serpente: Non morire a causa della decrepitezza. Chi muore a causa di un vantaggio materiale, muore a causa della decrepitezza spirituale. Chi muore a causa del vantaggio della lode umana, muore a causa della decrepitezza spirituale. Quando invece ti sarai spogliato di tali forme di decrepitezza, avrai imitato la prudenza del serpente.
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11.
Imitalo in modo più sicuro: conserva la tua testa. Che significa: "Conserva la tua testa"? Conserva in te Cristo. Può darsi che qualcuno di voi quando voleva uccidere un serpente, ha osservato come questi per salvare la sua testa espone ai colpi di chi lo ferisce tutto il suo corpo? Esso evita di farsi colpire nella parte di se stesso ove sa di avere la vita. Ma la nostra vita è Cristo, poiché egli stesso ha detto: “Io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14,6). Senti anche che cosa dice l'Apostolo: “Capo dell'uomo è Cristo” (1Cor 11,3). Chi dunque conserva in sé il Cristo, conserva per sé il proprio capo.
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12.
Come infatti il serpente abbandona tutto e anche se si deve tagliare il corpo stesso non se ne cura molto, in modo da conservare la testa, così, vuol dire, anche tu lascia tutto tranne la fede, anche se si deve rinunciare alle ricchezze, al corpo, alla vita stessa. Quella è la testa e la radice; se la conservi, anche se perdi tutto, recupererai tutto di nuovo con maggior splendore.
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13.
Egli indica che saranno molti quelli che avrebbero infierito con furore insensato contro gli apostoli quando dice che li manda come agnelli in mezzo ai lupi, proclamando che dovevano essere semplici come le colombe e prudenti come serpenti. La semplicità della colomba è evidente, mentre invece è bene considerare com’è la prudenza del serpente. Io non so ciò che vi sia in lui di prudenza e di accorgimento, benché alcuni a questo proposito abbiano tramandato che quando egli comprende di esser caduto in balia dell’uomo, sottrae il suo capo dai colpi in tutti i modi. Lo copre arrotolandogli intorno il corpo oppure lo ficca in un buco lasciando che rovinino tutto il resto. Secondo questo esempio bisogna che noi, se ci capita qualche persecuzione, nascondiamo il nostro capo che è Cristo (Ef 4,15). Così offrendoci a tutte le torture, difendiamo la fede che abbiamo ricevuto da lui con il sacrificio del nostro corpo.
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14.
Bisognava mettere in guardia dal veleno dei serpenti. Era pericolosa l'imitazione di quella loro proprietà ch'era da temere. La colomba, al contrario, devi imitarla tranquillamente. Osserva come le colombe godono di stare insieme: dappertutto volano insieme, si cibano insieme, rifiutano di star sole, godono della vita comune. Sono animate d'amor fervente, tubano con gemiti amorosi, generano la prole col baciarsi. […]
Quando dunque le colombe - poiché osserviamo spesso anche questo fatto - litigano tra loro per i loro posti, è in un certo senso un litigio pacifico. Si separano forse per il fatto che litigano? [Tutt'altro!] Volano insieme, pascolano insieme, lo stesso litigio è pacato. […]
La colomba ama anche quando colpisce, il lupo invece odia anche quando accarezza.
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15.
Non voglio che siate sempre come colombe, per non essere ingannati e cadere in trappola a causa della vostra eccessiva semplicità. Non voglio che siate sempre come serpenti, per evitare che dal vostro cuore esca del veleno contro qualcuno, ma voglio che cambiate secondo i tempi, il carattere e la condotta. Siate serpenti, in modo da non essere arrestati. Se vi arrestano, siate colombe per non mordere.
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16.
Come insomma potremo essere prudenti, essendo sommersi da flutti così imponenti? Per quanto una pecora possa essere prudente in mezzo ai lupi, e lupi così feroci, che vantaggio potrà ottenere? Per quanto semplice possa essere la colomba, a che gioverà, sotto l’incalzare di tanti sparvieri? Nel caso degli animali irrazionali, non servirà a nulla, ma nel caso vostro, moltissimo. […]
Perciò non ha ordinato di essere soltanto semplici e non artefatti, né solo prudenti, ma ha contemperato entrambi questi elementi perché divenissero virtù, assumendo la prudenza del serpente perché non si venisse colpiti mortalmente, e la semplicità della colomba perché non si rendesse il contraccambio a coloro che fanno del male, né ci si vendicasse di quelli che tramano insidie. […]
Queste cose si sono verificate, si sono compiute, sono state dimostrate nelle loro opere; essi sono divenuti prudenti come i serpenti e semplici come le colombe, senza essere di un’altra natura, ma della stessa nostra natura. Nessuno pensi dunque che tali precetti siano impossibili. Egli stesso, prima di ogni altro, conosce la natura delle cose; sa che l’arroganza non si estingue con l’arroganza, ma con la mitezza. […]
Hai visto come si debba essere attenti in ogni modo, per non essere schiacciati dai pericoli né esasperati dalla collera?
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17.
Facciamo dunque in modo di osservare, come pecore in mezzo ai lupi, i precetti di Colui che ci ammonisce di “essere semplici come colombe e astuti come serpenti”: semplici come colombe per non nuocere a nessuno, astuti come serpenti per stare in guardia e non ricevere danno.
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